BOOKFACE: Dacă tot îi urâm pe ruşi să-i mai şi ascultăm ce au de zis
Costi Rogozanu – Realitatea TV
Vasile Ernu, autorul best sellerului Născut în URSS, deja tradus în cîteva limbi de mare circulaţie, şi a cărţii de ficţiune-eseu Ultimii eretici ai imperiului, a adunat interviuri cu intelectuali ruşi contemporani şi le-a publicat în volum: „Intelighenţia rusă azi”. Cum găsiţi aici tot soiul de personaje interesante, n-am făcut altceva decît să selecteze cîteva „faze”:
• Boris Kagarliţki, sociolog, activist, dizident – sovieticii îl acuzau că e anti-sovietic, iar după ce a căzut URSS era arestat ca apărător al puterii sovietice – una dintre cele mai provocatoare voci ale cărţii şi ale Rusiei contemporane. Kagarliţki are analize interesante ale fenomenului corupţiei pe care uneori o identifică cu un soi de rentă într-o societate organizată pe caste şi nu pe clase,ca-n Vest. Celebra întrebare „piaţă liberă sau Gulag?” este o întrebare falsă care inhibă orice încercare de reorganizare a societăţii.
•Mihail Kotomin e un tip de-a dreptul erudit în ceea ce se cheamă cultură de masă. Este iubitorul „Europei de buzunar” (Grecia, Portugalia, România şi alte „ţări pierdute printre hărţi”) pentru că spune el sînt conservatoare unui spirit European democratic cum marile ţări uită să mai afişeze. Cultura de masă e fenomenul principal al ultimului secol. De aceea trebuie să fim atenţi la detalii: „Se ştie, bunăoară, că ideologul-şef al regimului petrolier, cardinalul din umbră al regimului de la noi – Vladislav Sokurov -, este un mare fan al lui Tupac Shakur, un portret al acestuia aflîndu-se şi pe un perete al biroului său din Kremlin.”
•Gherman Sadulaev, romancier care a scris „Eu sînt cecen” (e de origine din Cecenia, dar reneagă regiunea în varianta ei postsovietică), este de asemenea un rapsod al „proletariatului de birou”.
•Aleksandr Prohanov e scriitor şi ziarist foarte cunoscut în Rusia, autor al unor gesturi texte care au scandalizat de-a lungul vremii. Radicalismul său apasă uneori direct pe rană: În două rînduri tranşează cazul Soljeniţîn, folosit de liberali ca armă anti-sovietică apoi aruncat ca o măsea stricată. Inamic al oligarhului Berezovski pe care totuşi l-a întîlnit şi despre care povesteşte cum plănuia la un moment dat să înfiinţeze partidul „Stalin” unde fiecare lider regional ar fi trebuit să-şi schimbe numele din buletin în „Iosif Stalin”. Tot Berezovski i-a spus că a participat la „conceperea lui Putin” şi spune că pentru a fi înţeles trebuie să nu uităm că la Kremlin se bat două mari divizii: oligarhii şi forţele de securitate.
• În fine, în plină explozie de rusofobie e bine să vedem şi ce gîndesc intelectualii lor. Vi se va părea uneori neaşteptat de potrivit şi cu europenismele noastre „de buzunar”.
Gli ultimi eretici dell’Impero
Gli ultimi eretici dell’Impero (e/o del comunismo) / di Lorenzo Mazzoni | 9 febbraio 201 /Ilfattoquotidiano.it
Avevo davvero voglia e bisogno di letture che contenessero una sana e genuina dignità culturale e sociale e ho trovato due libri che mi hanno riempito di domande, mi hanno fatto commuovere, mi hanno dato speranza. Si tratta de “Gli ultimi eretici dell’Impero” e “L’ultimo comunista”.
Vasile Ernu, scrittore e filosofo romeno della Bessarabia, nato in URSS nel 1971, ma trasferitosi in Romania nel 1991, con “Gli ultimi eretici dell’Impero”(Hacca, 2012) ha compiuto un’operazione originale, provocante e di alta letteratura. La storia narrata nel romanzo è semplice, si tratta di uno serrato scambio epistolare tra A.I., il Grande Istigatore, colui che in gioventù tentò di assassinare Stalin, e Vasilij Andreevič, figlio della Perestrojka, dissidente contemporaneo, impegnato a smascherare e sabotare i meccanismi totalitari del capitalismo. “Gli ultimi eretici dell’Impero” è uno scambio di storie, dalle disquisizioni sulla liberazione dell’uomo attraverso l’assunzione di sostanze alcoliche, al terrorismo internazionale; dalle sette religiose, al disinganno delle democrazie occidentali; dai gulag della Russia sovietica ai gulag glamour del mondo capitalista, un mondo dove le banche e i manager tengono le chiavi di un’immensa prigione in cui spesso non ci accorgiamo di vivere, anzi, di sopravvivere, imbruttendoci.
Il libro è pieno di ironiche e deliziose dissertazioni, così scopriamo che in fondo quello che appariva come il libro più credibile sui campi di rieducazione, “Arcipelago Gulag” di Aleksandr Solženicyn, in verità è una bufala adatta a un pubblico non russo, da preferirgli “Racconti della Kolyma” di Varlam Šalamov, colui che, avendo subito in prima persona gli abusi made in Siberia, smaschera il collega rivelando che nei gulag non c’erano cucchiai, come ampiamente descritto nel romanzo di Solženicyn, e che arriva ad affermare che non sono la politica, l’ideologia, l’eccesso ad aver generato il gulag, il totalitarismo, i dittatori, bensì la loro assenza.
Scopriamo che Nicolae Ceaușescu non è mai esistito. È stato un oleogramma del popolo romeno. È stato il popolo a produrlo, sia coloro che lo hanno acclamato, sia quelli che lo hanno subito, tacendo. Una proiezione collettiva, alla quale hanno contribuito tutti, anche i dissidenti, pochi, una proiezione che ha preso vita perché l’intera nazione l’ha voluta e poi, puf!, cancellata.
Vasile Ernu ci spiega, sagacemente, che le colpe della Storia sono di tutti, nessuno può lavarsene le mani, anche se pare che non ci siano volontari per prendersi le responsabilità di quanto avvenuto nei regimi comunisti (come del resto in questa deriva senza sbocchi del mondo globalizzato). Inoltre ci dice tra le righe, o forse l’ho intuito solo io, che Silvio Berlusconi è il più stalinista fra tutti i politici (?) italiani contemporanei: ‘Per il dissidente radicale il comunismo è l’incarnazione del Male sulla terra. Questo dissidente opera nella più pura logica staliniana, è il prodotto staliniano per eccellenza, poiché pensa secondo una banale logica dualista: compagno o nemico, bene o male. Spesso diviene partigiano di un’unica opinione: lotta contro un ‘male totale’, legittimando un ‘bene totale’.
La stessa straordinaria dignità del libro di Vasile Ernu l’ho ritrovata ne “L’ultimo comunista” di Matthias Frings (Voland). Siamo nel 1980 a Berlino Ovest. Il ventenne Ronald M. Schernikau, convinto comunista, omosessuale dichiarato, autore di un romanzo shock autobiografico, è la star del momento, di giorno letteratura e politica, di notte discoteche, cabaret e spettacoli ‘en travesti’. Figlio di una ragazza madre che mai si è adattata a quell’Ovest tanto agognato da tutti, ha un solo obiettivo: tornare a Berlino Est. Novembre 1989. Mentre migliaia di cittadini scavalcano il Muro per emigrare a Ovest, solo una persona va nella direzione opposta: il nuovo passaporto dello scrittore Ronald M. Schernikau sarà l’ultimo emesso dalle autorità della DDR, la Repubblica Democratica Tedesca. Storia di un uomo e di un artista che ha oltrepassato ogni limite, e a cui è impossibile non affezionarsi.
Nella testa di Giacomo Verri / Glamour.it /
L’autore di Partigiano Inverno (Nutrimenti), finalista al Premio Italo Calvino 2011, ci racconta le sue letture e il nuovo romanzo a cui sta pensando.
NELLA TESTA DEGLI SCRITTORI
a cura di Caterina Morgantini
Che cosa ho in testa perché lo sto leggendo
Difficile indirizzare la mia scelta su un solo titolo; preferirei piuttosto parlare di costellazioni tematiche, di arcipelaghi testuali. Prima di tutto sento ancora bene allignati tra le pieghe del cervello quei romanzi che hanno fatta la bella base del mio Partigiano Inverno: il Fenoglio, soprattutto del Partigiano Johnny e di Una questione privata, il Calvino del Sentiero, Gadda, e altri. In specie mi viene in mente il Meneghello dei Piccoli maestri che – lo confesso – ho letto dopo la stesura del romanzo, ma lo percepisco con una potenza retroattiva (se mai questa cosa possa avere un senso). Mi piace pensare che in qualche modo quel Meneghello fosse giunto a me anche prima, attraverso un dialogo indiretto, mediato da altri libri. Mi è rimasta bene in testa questa frase di Maria Corti che introduce il testo meneghelliano: “l’eroismo ci fu nel momento storico resistenziale; il modo di renderlo in letteratura poteva essere o epico-lirico, come seppe fare Fenoglio […], o condito di antieroismo, cioè di misura media umana […] Meneghello è andato avanti su questa seconda strada”. Adesso posso dire che una delle mie più grandi aspirazioni è stata quella di pormi in mezzo ai due grandi campioni, irrimediabilmente lontano, come è ovvio.
Dei libri letti più di recente ho un bel segno lasciato da un autore rumeno, Vasile Ernu il cui romanzo più recente, Gli ultimi eretici dell’impero (Edizioni Hacca), è un vero e proprio vangelo, scritto con la pacatezza di una cronaca medievale, su come e cosa stia diventando il mondo dopo il crollo del Muro, dopo che la guerra Fredda s’è sciolta, dopo che i confini geografici e ideologici si sono slabbrati e sgovernati.
Infine, non per spirito di scuderia, ma perché lo scrittore è un grande scrittore, aspetto con ansia e curiosità formicolante l’ultima prova di Francesco Permunian, Il gabinetto del dottor Kafka (Nutrimenti edizioni).
Merg la Ierusalim
Pentru pirma dată merg la Ierusalim. Sînt invitat la Tîrgul Internaţional de Carte de la Ierusalim / 10 – 15 februarie 2013 (info aici & http://www.jerusalembookfair.com).
De atmosfera: Itzhak Perlman cîntă Klezmer de prin zona mea… o faimoasa piesă Basarabia.
Cele mai bune filme ruseşti 2012
2012 nu pare un an deosebit pentru cinematografia rusă. Cel mai important eveniment cinematografic al anului 2012 în Rusia a fost finalizarea multaşteptatului film regizat de Aleksei German – E greu să fii Dumnezeu. Lista de mai jos este o selecţie subiectivă (dar am ţinut cont şi de recomandările unor critici de film pe care-i urmăresc) iar ordinea este aleatorie.
0. Trudno bîti bogom. Istoria Arkanskoi rezni / Hard to be a God. History of the Arkanar Massacre – regia Aleksei German
Este cel mai aşteptat film rusesc din ultima perioadă. Aleksei German este poate cel mai mare regizor rus în viaţa (alături de Sokurov) şi este preferatul meu. Cine a văzut Prietenul meu Ivan Lapşin, 20 de zile fără război sau Hrustalev, maşina! ştie despre ce vorbesc. La acest ultim film se lucrează de 12 ani şi de cîţiva ani e tot anunţat: ” filmul e aproape gata”. Anul acesta (2012) însă chiar a fost văzut de un cerc restrîns iar lansarea este anunţată în 2013 undeva pe la un festival mare. Cei care l-au văzut spun că avem de-a face cu o capodoperă iar unii chiar îl compara cu filmul lui Andrei Tarkovski – Andrei Rubliov. Mă rog, eu nu cred că ţine comparaţia însă cu siguranţă vom vedea un film mare. Filmul este făcut după cartea fraţilor Strugaţki care poate fi citită şi în română. Să sperăm că îl vom putea vedea anul acesta la TIFF. Mai jos imagini din film căci German nu prea face trailere 🙂 Eu încă nu l-am văzut dar sper să “fac rost” cît de curînd.
1. Jîti/Living – regia Vasily Sigarev.
Un regizor tînăr care vine dinspre teatru. Este la cel de-al 2-lea sau film (a debutat cu Volciok / Titirezul, 2009) şi este poate cel mai bun film rusesc de anul acesta (German e dincolo de orice categorie 🙂 ). E premiat, lăudat de critică şi cu priză la public. Sigarev se anunţă a fi un regizor important. O să-l urmăresc.
2. Ea toje haciu / Şi eu vreau – Alexei Balabanov
Balabanov este deja un clasic. Din 2 în 2 ani vine cu ceva nou şi de fiecare dată e altceva. La Balabanov îmi place lipsa totală de aere elitiste, ifose intelectualiste şi pretenţia că face “artă”. El face filme bune pentru “popor” şi nu merge la festivale :). E tipul de regizor care la noi lipseşte. Cine nu a văzut nimic regizat de el recomand Gruz 200 / Cargo 200. Ne place sau nu ne place, Balabanov e un regizor care a marcat cinematografia rusă în ultimii 15 ani. La ruşi acest lucru poate fi verificat simplu: în momentul în care oamenii de rînd dau replici din filmul unui regizor putem vorbi deja de un clasic. Din filmele lui Balabanov se dau demult replici cu aşa numitele “fraze înaripate”.
Acest film nu este unul dintre cele mai reuşite filme ale lui Balabanov dar povestea este bună. În film joacă şi Garkuşa aşa că avem muzică bună (solistul trupei Aukţion cu care am făcut acum cîţiva ani un CD la Născut în URSS).
3. V tumane / În ceaţă – regia Serghei Lozniţa.
Acum 2 ani făcea valuri cu filmul său de debut – My Joy. De ştiut: Lozniţa este un regizor care a făcut multe filme documentare foarte bune. Acum vine cu un film despre război care a luat premiul critici (FIPRESCI) la Cannes. Filmul este şi despre partizani, război, colaboraţionism etc. Pe “patrioţi” i-a deranjat foarte tare faptul că partizanii ruşi colaborează în film cu fasciştii. S-a lăsat cu scandal, fireşte. Filmul însă este despre cu totul altceva. Merită văzut. Important: operatorul filmului este Oleg Mutu.
4. Posledneea skazka Ritî / Ultima poveste a Ritei – regia Renata Litvinova.
Renata Litvinova este o actriţă foarte apreciată în Rusia. E o actriţă specială, puţin prea elegantă pentru a deveni foarte populară. Însă “lumea bună” o place. Acum vine cu un film în regie proprie. Eu o bănuiesc că este foarte influenţată de o regizoare genială: Kira Muratova. Şi chiar dacă Renata nu e Kira, filmul merită vazut. Are ceva deosebit şi o imagine foarte bună. Personal nu cred însă că Litvinova va face carieră în regie. Dar cine ştie… Muzica este făcută de Zemfira, o cîntăreaţă foarte talentată.
5. Orda / Hoarda – regia Andrei Proşkin.
Văzut, plăcut. Filmul e făcut bine din punct de vedere tehnic cu toate că nu am înţeles clar ce a vrut să zică cu povestea asta. Hoarda de aur, sec. XIV, viaţa “normală” a hanului. Obiceiuri, decoruri, chipuri stranii dar vizual arată bine. Se tot omoară între ei dar mama e elementul care ţine puterea în frîu. Mama hanului orbeşte la un moment dat şi hanul cere să fie aduşi toţi vrăjitorii şi vracii din Imperiu. Nimeni nu reuşeşte să o vindece. Merg în knezatele ruseşti şi îl aduc pe cel mai mare “vrajitor al ruşilor”: Mitropolitul Moscovei Alexei. Aici e speculată relaţia creştini ortodocşi – păgîni dar nu foarte deranjant ca la alte filme de pe filiera conservatoare pravoslavnică. O să placă mediului tradiţionalist de la noi. Alexei se pare că nu rezolvă problema dar Hoarda pînă la urmă se autodistruge…
6. Belîi tigr / Tigrul alb – regia Karen Şahnazarov.
Şahnazarov a făcut în anii 80 cîteva filme geniale. Recomand Curierul şi Oraşul Zero. A mai făcut cîteva filme bune dar şi-a pierdut din forţă. A regizat şi destule filme slabe în perioada postsovietică. Acum vine cu un film despre război al cărui erou este un tanc supranumit Tigrul alb. Ştiu că filmul este propus să reprezinte Rusia la Oscar. Nicio şansă…
7. Kokoko – regia Avdodia Smirnova
Intelectuali, provincie, centru. Curge bine, tema bună. Ceva lipseşte dar nu ştiu ce.
8. Dirijorul – regia Pavel Lungin
Lungin e cunoscut la noi pentru filmele Ţarul şi Insula. Eu cred însă ă Taxi Blues este cel mai bun film al sau. Lungin face filme tot mai frumoase dar merge într-o direcţie care mie nu-mi place prea mult. Important e însă faptul că Lungin explorează teme mari. În ultimul film avem un artist, un tată, un copil, un terorist. Toţi sînt legaţi între ei şi totul se întîmplă în Israel. Muzica este bună: Patimele după Matei sună foarte bine. De fapt muzica este elementul cheie.
9. Izmena / Betrayal – Kiril Serebrennikov
Serebrennikov este şi regizor de teatru. În 2008 a regizat un film bun pe care l-am vazut recent: Iurev deni. Izmena este un film şi mai bun. Familie, relaţii, trădare, schimbare, dramă. Filmul a fost premiat la festivalul de la Veneţia.
10. Vechnoe Vozvraschenie / Veşnica reîntoarcere – regia Kira Muratova
Am mai povestit cu alte ocazii de Kira Muratova. Este năcută în Basarabia la Soroca (1934) şi are un obicei bun: toate filmele şi le face la studioul de film Odessa. Practic este un film ucrainean pentru că este produs în Odessa pe bani ucraineni. Actorii însă vorbesc în limba rusă, cu actori ruşi iar Kira Muratova este rusoaică şi încă una genială. Filmele ei nu sînt uşor digerabile şi nici nu se găsesc prea lejer dar merită efortul. Acest ultim film încă nu l-am văzut dar Muratova nu face filme proaste. Şi de ceva vreme are o pasiune pentru actriţa Renata Litvinova (de care am vorbit mai sus). Kira Muratova este un regizor de talia lui Fellini sau German aşa că merită să faceţi “săpături” în căutarea filmelor ei.
11. Daneţ deli / Dansul Deli – regia Ivan Vyrypaev
Despre film mi-a spus amicul Vladimir Bulat care ştie bine ce se întîmplă în Rusia în domeniul artelor. Iată ce zice el (şi mulţumesc pentru informaţie): Ivan Vyrypaev e unul dintre “copiii teribili” ai cinema-ului rusesc. ”Euforia” lui a rulat și la București. Acum a revenit, în 2012, cu ”Dansul Deli” – care m-a încîntat; este o transpunere ”teatrală” în film a 7 filmulețe scurte, care le unește o discuție (de fapt) despre dansul contemporan, discuție care copleșește moartea celor apropiați, iubirea, suferința, trădarea, tragediile lumii…
Despre filmele de animaţie data viitoare….
Gli ultimi eretici dell’Impero
Lankelot: Andrea Consonni, 16/12/2012
“Sogno Tecnologico Bolscevico
Atea Mistica Meccanica
Macchina Automatica – no anima
Macchina Automatica – no anima
Ecco la Terra in Permanente Rivoluzione
Ridotta imbelle sterile igienica
Una Unità Di Produzione
Unità di Produzione
Tecnica d’Acciaio
Scienza Armata Cemento
Tabula Rasa Elettrificata” (C.S.I. – Tabula Rasa Elettrificata)
Credo di non esagerare nell’affermare che chi è di sinistra, lo è stato o proviene da famiglie che si rifanno al variegato e dissonante mondo della sinistra, dalle più riformiste a quelle che ancora oggi flirtano col comunismo più ortodosso, sono stati protagonisti, partecipanti o semplici spettatori (magari anche paganti) di discussioni spesso interminabili che ruotavano attorno a tematiche del tipo: “E se avesse vinto Trotsky? Ipotizzare possibili scenari alternativi”, “Quello dell’URSS non è mai stato vero comunismo”, “Stalin è stato il salvatore del mondo interno”, “Senza la sinistra non godremmo di nessun diritto e spiegare di quali diritti si tratta”, “Confronto fra piano Marshall e piani quinquennali”, “Perché i gulag sono diversi dai campi di concentramento nazisti”, “Il tradimento della democrazia costituzionale”, “Prospettive rivoluzionarie dei movimenti extraparlamentari” e via dicendo, il tutto condito con citazioni (alcune volte coltissime e proprio per questo indecifrabili) di Carlo Marx, estrapolate dal Libretto Rosso, con sottofondo di canzoni di rivolta intonate in coro, lacrime per la Resistenza, in un’atmosfera aromatizzata con sigari cubani arrivati dalla Cecoslovacchia e polvere da sparo, con aperture verso il mondo calcistico del genere “Il Milan è di sinistra mentre l’Inter di destra”, senza dimenticare la strategia della tensione e il minuto di silenzio per i caduti di secoli e secoli di lotta e la fine/tradimento/risorgimento degli ideali.
La corrispondenza appassionata, puntigliosa, giocata su colpi di fioretto e di carezze che si scambiano i due socialisti/comunisti/eretici/sconfitti/rivoluzionari A.I., denominato “Il Grande Istigatore” che in gioventù cercò senza successo di uccidere Stalin e Vasilij Andreevič, tornato in Romania alla ricerca di un senso perduto della propria esistenza mandata in macero dalla Perestrojka, su cui si fonda “Gli ultimi eretici dell’Impero” dello scrittore e filosofo rumeno Vasile Ernu (Hacca Edizioni, traduzione di Anita Bernacchia) vive di questo genere di discussioni e delle atmosfere che le caratterizzano. Questo romanzo espistolare è decisamente più colto e raffinato ma come le discussioni sopracitate vive di una “sòla” di fondo: perché se questi dibattiti, queste lettere in una prima fase sembrano interessanti, appassionanti, malinconici, illuminanti e persino commoventi grattando sotto la superficie altisonante si finisce poi per affondare in una nebbia oppiacea/alcolica di luoghi comuni, idiozie, parole vuote. Naturale che sia più difficile accorgersene se a imbastire questo genere di discussioni non è un operaio metalmeccanico o un pensionato con la terza elementare ma un raffinato utilizzatore di parole come Ernu, decisamente scaltro nello scegliere le parole e gli argomenti giusti per confondere il lettore ma l’operazione è la medesima e assume contorni quasi orwelliani che provocano brividi gelidi sulla pelle.
L’operazione mistificatrice ha inizio sin dal termine “eretico” che sta nel titolo, utilizzato non a caso circondato com’è da un’atmosfera quasi magica, come se l’eresia incarnasse necessariamente qualcosa di positivo e in grado di apportare dei miglioramenti al mondo, dimenticandosi che gli eretici sono uomini come tutti gli altri, abilissimi a posteriori nello stroncare sul nascere eventuali focolai di dissenso interno o esterno (in campo religioso c’è davvero qualcosa di meglio dall’essere passati dal cattolicesimo al calvinismo?), per non parlare della frase posta sul retro (discutibilissima ma furbissima scelta editoriale) che chissà quali reazioni dovrebbe scatenare in un lettore: “Quando il comunismo crollò, il paese sprofondò sotto un’immensa quantità di vodka”. Cosa dovrei provare leggendo questa affermazione? Tristezza, malinconia, disgusto, sconforto? Cosa? Perché il primo pensiero che si è fatto breccia nella mia mente è stato per esempio: “Beati loro perché almeno saranno morti o morranno di qualcosa di più onesto, seppur di scarsissima qualità, ma che non inganna nessuno e procura piaceri decisamente migliori di un’unità produttiva…”
Leggendo si affonda passo dopo passo nelle paludi mobili dell’ovvietà, come se avessimo davvero bisogno di Ernu per scoprire che questo mondo di banche/capitalismo/consumismo/borse/voto inutile è una vera e propria schifezza o del rapporto, quasi di filiazione, che lega Cristianesimo e Comunismo e tutta una serie di affermazioni (la società del controllo, le telecamere…) che sembrano costruite apposta per quella categoria di lettori/cittadini che vogliono sempre sentirsi ripetere come un mantra che vivono in un mondo schifoso. Tolte questo genere di frasi fatte (che hanno tutt’altra forza in un romanzo come quelli scritti dall’odiatisissimo scrittore a stelle a strisce Chuck Palahniuk) i motivi di interesse per leggere questo libro sono praticamente assenti, a patto di non provare una perversa attrazione per le solite manfrine sul ripensare il comunismo in chiave moderna, sugli errori di questo o di quel periodo storico che davvero non se ne può più, il tutto annegato in discussioni filosofiche da cattedratico ammuffito che per darsi un certo tono ogni tanto si diverte a fare delle sparate che dovrebbero turbare (?) o sconvolgere (?) il lettore e che invece producono l’effetto contrario di trasformare ogni frase in potentissimi sonniferi.
Se c’è qualcosa in cui questo libro rasenta la perfezione sta proprio nel essere l’incarnazione della parabola autodistruttiva della Rivoluzione d’Ottobre e in più generale dell’applicazione pratica del comunismo: se le prime pagine sono da innamoramento iniziale perché ti sembra di avere a che fare con due sapienti che la sanno lunga e ti fanno abbattere le gabbie mentali zariste, ecco che subentra subito la fase di stasi post-presa di palazzo d’ottobre con la relativa disillusione e con il sogno che comincia a farsi pericoloso e forse è meglio scappare, abbandonare il libro: se lo fai sei salvo, altrimenti finisci o per morire in Siberia o per trascinarti stancamente fra fasi di apparente benessere (la “dolce vita sovietica” descritta a pagina 240) e carestie per poi arrivare al crollo finale, così banale e senza nemmeno un finale entuasiasmante, con la bandiera con falce e martello ammainata sulla piazza Rossa, che quasi non se lo ricorda nessuno quel giorno.
Il libro riserva degli spunti interessanti, è giusto ricordarlo, e sono quasi tutti quelli che hanno a che fare col mondo letterario, come le nuove prospettive di lettura/rilettura del romanzo di Bram Stoker “Dracula” e della tematica del vampirismo oppure le pagine dedicate a “I racconti della Kolyma” di Varlam Salamov (ne scrive anche Giampiero Mughini nel suo ultimo e bel libro “Addio, gran secolo dei nostri vent’anni”) e più in generale al ribaltamento dei cliché sul mondo concentrazionario dei gulag, anche se non condivido per niente l’idea che quell’orrore sia stato possibile a causa della mancanza di politica (il carcere è già in sé l’incarnazione di una determinata idea di società e l’internamento nel gulag era frutto proprio di una teoria politica che non avrebbe potuto portare ad altro che a quegli stermini e internamenti e ai quali continuerà a portare ogni volta che verrà applicato); altrettanto interessanti sono le discussioni attorno al fallito progetto del blocco sovietico di riunire popoli e storie differenti all’interno di un grande contenitore che è di per sé una suggestione piena di fascino (mi ha fatto sempre fatto pensare al futuro raccontato nella saga di “Guerre Stellari) e che permette un aggancio al periodo storico attuale con le tensioni che percorrono un’entità sovranazionale senz’anima e solide fondamenta come l’Unione Europea ma anche tutto ciò che riguarda la Romania (l’autore è straordinario, giusto ammetterlo, quando scrive di Ceausescu e del popolo rumeno) e la riscrittura della storia e queste sì pagine vibranti che offrono al lettore la possibilità di farsi della domande su come la Storia viene riscritta e narrata a seconda delle opportunità, sullo sviluppo delle dittature e sulla nascita di presunte democrazie, su come sia facile cambiare casacca o ripulirla, dipingedosi come vittime o come protagonisti di chissà quale lotta per la libertà.
Sono poche pagine che non riescono comunque a mutare il giudizio complessivamente negativo di quest’opera di Vasile Ernu che poi affonda definitivamente su affermazioni apparentemente sferzanti come nell’invito rivolto agli intellettuali: “Nel suo rapporto con l’autorità, un intellettuale deve scegliere tra due atteggiamenti: o fare l’intellettuale di corte, o l’intellettuale dell’esilio. Io ho scelto l’esilio, un esilio rispetto a qualsiasi forma di potere politico. Essere in esilio è già di per sé una forma di critica” (p. 127) ma che in realtà, riletto una seconda volta, svela tutta la sua scontatezza o parzialità, perché l’essere in esilio non è necessariamente una garanzia di libertà di pensiero ma magari solo una scelta, una paura, un’altra forma di schiavitù mentale e non è solo l’intellettuale che dovrebbe essere chiamato ad essere libero (ma che significa essere liberi?), come se l’intellettuale fosse di per sé qualcosa di qualitativamente migliore, ma qualsiasi essere vivente e in tutti gli ambienti sociali, compresi quelli familiari.
Piuttosto che non essere di regime io preferirei che gli intellettuali tornassero a scrivere qualcosa di interessante e sferzante perché un intellettuale è libero prima di tutto se non scrive stupidaggini e banalità e non abusa poi di parole come “intellettuali”, “libertà”, “cultura” ed “eresia” e scrivendo questo libro così “ereticamente utile” Vasile Ernu si è schierato proprio al servizio di quel Regime Unico di Pensiero tanto criticato dai suoi due protagonisti e allora sarebbe forse auspicabile che in tempi come questi l’esilio si sposasse al silenzio, un silenzio carico di riflessione e meditazione capace di rifiutare parole, dogmi e teorie politiche, un silenzio che rimanga silenzio.
Vasile Ernu, “Gli ultimi eretici dell’Impero“, Hacca Edizioni, Matelica, 2012. Titolo originale “Ultimii eretici ai Imperiului”, 2010. Traduzione di Anita Bernacchia.
Nudul în pictura sovietică: de la Lenin la Stalin şi de la Hruşciov la Brejnev
Există o mulţime de stereotipuri şi prejudecăţi în ce priveşte arta vizuală din perioada sovietică. Una din ele este legată de “lipsa sexului” şi a nudităţii: în URSS nu a existat sex. Se spune deseori că arta sovietică a fost dominată de un anumit tip de puritanism care ascundea “goliciunea” de ochiul vigilent al proletariatului. În realitate lucrurile au stat altfel. Istoria corpului şi sexualităţii în URSS este un domeniu încă prea puţin explorat şi aproape deloc analizat. Dar să vedem o arhivă excelentă a “nudului în arta vizuală sovietică”. Ea cuprinde 3 perioade: perioada postrevoluţionară, perioada stalinistă şi perioada dezgheţului. Arhiva este făcută de catrina_burana.
Pictură: Tractoristele – Arkadii Plastov (1942)
Catalog FILB, ediţia a cincea, 2012
Ziua I | Ziua a II-a | Ziua a III-a | Ziua a IV-a
Miercuri, 5 decembrie, ora 18.00
- Invitaţi: Jonathan Coe, Will Self (Marea Britanie)
- Deschiderea celei de a V-a ediţii a Festivalului: Bogdan-Alexandru Stănescu (preşedintele FILB)
- Prezentarea programului serii: Luiza Vasiliu
- Cuvînt-înainte al reprezentantului British Council: Alis Vasile, Arts Projects Manager
- Lectură publică Jonathan Coe (Marea Britanie), din romanul Casa somnului(traducere din limba engleză de Radu Paraschivescu, Polirom, 2001)
- Lectură publică Will Seif (Marea Britanie), din romanul Cartea lui Dave(traducere din limba engleză de Daniela Rogobete, Polirom, 2010)
- Open Talk – moderatoare: Luiza Vasiliu
Joi, 6 decembrie, ora 18.00
- Invitaţi: Goce Smilevski (Republica Macedonia), Filip Florian, Lucian Dan Teodorovici (România)
- Prezentarea programului serii: Marius Chivu
- Lectură publică Goce Smilevski, fragment din romanul Sora lui Freud (traducere din limba macedoneană de Octavian Blenchea)
- Lectură publică Filip Florian – din cel mai recent roman al său, Toate bufniţele(Polirom, 2012)
- Lectură publică Lucian Dan Teodorovici – din cel mai recent roman al său, Matei Brunul(Polirom, 2011)
- Open Talk – moderator: Marius Chivu
Vineri, 7 decembrie, ora 18.00
- Invitaţi: Andrew Cowan (Marea Britanie), Papp Sándor Zsigmond (Ungaria), Mátyás Dunajcsik (Ungaria), Mihai Mateiu (România)
- Prezentarea programului serii: Nadine Vlădescu
- Lectură publică Andrew Cowan, din romanul aflat în pregătire, Worthless Men(prima lectură publică, traducere de Nadine Vlădescu)
- Lectură publică Papp Sándor Zsigmond, din romanul Vieţi mărunte (traducere de Marius Tabacu)
- Lectură publică Mátyás Dunajcsik – povestirea Biblioteca tatălui meu, din volumul Plaja Balbec (traducere de Bogdan-Alexandru Stănescu)
- Lectură publică Mihai Mateiu, din volumul de proză scurtă Oameni(Casa de Pariuri literare, 2011)
- Open Talk – moderator: Nadine Vlădescu
Sîmbătă, 8 decembrie, ora 18.00
- Invitaţi: George Szirtes (Marea Britanie), Kei Miller (Jamaica), Daniel Boyacioglu (Suedia), Mircea Dinescu (România)
- Prezentarea programului serii: Cosmin Ciotloş
- Cuvînt-înainte al Excelenţei Sale Domnul Anders Bengtcén, Ambasadorul Suediei în România
- Lectură publică George Szirtes
- Lectură publică Mircea Dinescu
- Lectură publică Daniel Boyacioglu
- Lectură publică Kei Miller
- Open Talk – moderator: Cosmin Ciotloş
- Închiderea Festivalului: Oana Boca
- Cocktail
“Gli ultimi eretici dell’Impero” di Vasile Ernu
articolo di Michele Lupo / Flaneri
Se la scrittura è viva e le cose che si raccontano interessanti, un romanzo epistolare – così possiamo definire Gli ultimi eretici dell’Impero (Hacca, 2012) – suona ancora come un’ottima concertazione per tenerci avvinti a una storia. O a molte storie, come nel caso di questa seconda uscita italiana del quarantenne romeno Vasile Ernu, del quale l’editore Hacca aveva tradotto un paio di anni fa Nato in Urss.
Molte storie si scambiano in effetti i due personaggi del libro, A.I., detto “Il Grande Istigatore” e Vasilij Andreevič, vicende del presente e fatti del passato, piccole storie e grandi segnaposti della Storia novecentesca, oscillanti fra il totalitarismo dell’Europa orientale e il disinganno delle democrazie liberali d’Occidente. Se il primo infatti, socialista convinto, prova persino a uccidere Stalin, e avuta la fortuna di scamparla in Occidente, trova che non si ci sia molto da stare allegri nemmeno qui, il secondo non esce per nulla soddisfatto dalla “rivoluzione” di Gorbaciov. “Il Grande Istigatore”, una volta lontano dal comunismo scopre quanto sia difficile per un uomo abituato a quel regime dover scegliere. Scoprire per esempio che la camicia appena acquistata in un altro negozio potevi comprarla a molto meno, e che in un altro quasi te la regalavano, ecco, ti vien voglia di riporla nel guardaroba e non vedertela più davanti.
Pure muoversi all’interno dell’ex impero comunista, ma fra paesi diversi riserva sorprese. Perché non riuscì al comunismo di sopprimere le differenze fra nazioni, lingue, culture. Così quando Vasilij Andreevič decide di abbandonare la Russia, deluso dalla perestrojka, per tornarsene in Romania, per quanto bene conosca la lingua non riesce a entrare in sintonia con il bascalie, «un genere di ironia beffarda che deride cose e situazioni di un certo peso»: fondamentalmente, non la comprende. E se la comprende, non la “sente”: il che ne fa un estraneo. Non direi difatti che sia la stessa ironia dell’autore, almeno di quella che egli trasferisce ai suoi personaggi, certo insieme più sottile e malinconica. Impegnata com’è a ripassare momenti capitali della tragedia del ’900. Fra vite private e orrori concentrazionari, fra instabili quanto agognate liberazioni (non mancano versioni slave di mitologie pansessuali e alcoliche) e acutissime analisi degli inferni carcerari. Per esempio il riassunto che Vasilij Andreevič fa dei Racconti della Kolyma di Salamov. Il quale rovescia il paradigma in auge della politica totalizzante. «Non sono la politica, l’ideologia, l’eccesso ad aver generato il Gulag, il totalitarismo, i dittatori, bensì la loro assenza».
Non stupisce, sostiene Salamov riletto da Ernu, che i blatnoi, criminali con un proprio codice interno, “altro” rispetto a ogni legge, siano quelli che nel Gulag la fanno da padroni. Perché impongono la loro di legge, quella della forza: esattamente l’antitesi della politica, uno dei cui scopi principiali dovrebbe essere quello di inficiare l’arbitrio della bestialità. Ma quando invece ci si sottrae, come da molti anni in Occidente, alla responsabilità dell’agire politico, per indifferenza e paura, per conformismo e disinteresse, quella bestia cresce. Per Ernu, come per Salamov, le colpe della cultura a questo punto risultano evidenti. Gli uomini che se ne sentono interpreti e protagonisti ma snobbano l’azione politica sono parte del problema.
(Vasile Ernu Gli ultimi eretici dell’Impero, trad. Anita N. Pernacchia, Hacca, pp. 440, 16 euro )
Vasile Ernu, invitat special la doua festivaluri literare din Italia
Vineri, 16 noiembrie, de la ora 17.00, in Sala del Munizionere a Palatului Ducal din Genova, Italia, Vasile Ernu va dialoga in cadrul primei editii a Festivalului BABEL cu un grup de studenti italieni pe marginea unor fragmente din volumul sau de debut – Nascut in URSS – tradus in 2011 in limba italiana (Nato in URSS) si aparut la Editura Hacca.
De asemenea, simbata, 17 noiembrie, ora 17.00, la sediul Museo del Risorgimento din Milano, autorul este invitat in cadrul Festivalului „BookCity Milano”, festival dedicat cartilor si lecturii si aflat la prima editie. In cadrul intilnirii va avea loc lansarea editiei in limba italiana a volumului Ultimii eretici ai Imperiului (Gli ultimi eretici dell’Impero), aparut recent in traducerea Anitei N. Bernacchia, la Editura Hacca.
Participarea la aceste doua evenimente a fost posibila cu sprijinul Institutului Roman de Cultura si Cercetare Umanistica de la Venetia.
Artă şi Politică în Rusia / Art and Politics in Russia
Lansare volum / Intelighenţia rusă azi – Vasile Ernu
& întâlnire cu Grupul Chto Delat ? (discuţie & video)
Ora 19.30
str. Dianei 4
Vorbitori: Artemy Magun (RU – Shto delati), Alexandr Ivanov (RU – AdMarginem), Vasile Ernu (RO – CriticAtac)
urmat de
Eastern-European Party/ Russian Afterparty
Grupul Chto Delat ? – este unul dintre cele mai importante grupuri artistice şi teoretice implicate în spaţiul artistic şi politic din Rusia. Artemy Magun, invitatul nostru, fiind unul din teoreticienii acestui grup (profesor de filosofie la Universitatea Europeană din Petersburg).
Alexandr Ivanov este teoretican şi iniţiatorul unui dintre cele mai importante proiecte editoriale din Rusia: AdMarginem.
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