“Io non penso che la sofferenza sia la chiave di lettura del comunismo” – eSamizdat 2008 (VI) 1, pp. 391-395, 2008
Dialogo con Vasile Ernu – A cura diMaria Luisa Lombardo
Vasile Ernu (1971) `e autore di un libro che ha provocato
non poche reazioni nello spazio culturale romeno.
L’autore, nato a Odessa, vissuto in Moldavia e naturalizzato
romeno (la famiglia Ernu si `e trasferita in Romania
nel 1990), debutta come scrittore nel 2004 (nell’ambito
della campagna di promozione della nuova letteratura
promossa dalla casa editrice Polirom con lo slogan “Votate
per la letteratura giovane”) con il libro di memorie
N˘ascut ˆın URSS – Roˇzdennyj v SSSR [Nato in Urss, Iasi
2006], in cui ha creato piccoli quadretti ironici, sarcastici
ma realistici, delle abitudini, dei simboli e del mondo
nell’exUnione sovietica. Il libro si inserisce nel filone della
memorialistica postcomunista e assume le fattezze di
una carrellata documentaria dell’era sovietica, di una ricerca
“archeologica” alla scoperta di unmondo scomparso.
I ricordi di Ernu sono personali e nel contempo appartengono
alla sfera collettiva, in quanto ogni cittadino
dell’ex Unione sovietica pu`o rivendicarli come propri.
Il titolo del libro `e eloquente quanto provocatorio, e
si giustifica con i natali sovietici dell’autore, arrivato in
Romania solo a un’et`a avanzata. L’ipostasi dell’individuo
formatosi in Urss `e evidenziata dal motto di Vladimir
Majakovskij che apre il libro “Privi¸ti, minuna¸ti-v˘a /
Sˆınt cet˘a¸tean al Uniunii Sovietice” [Guardate, stupitevi /
Sono cittadino dell’Unione sovietica]. Difatti, come sottolinea
Luciat, la prospettiva da cui scrive Ernu `e quella di
colui che ha vissuto al centro delmondo, in una superpotenza,
culturalmente e politicamente opposta al capitalismo
americano. Non sorprende quindi il tono di “elogio”
per un paese che aveva un proprio orgoglio e una propria
centralit`a, cosa che differenzia molto Ernu da altri
scrittori romeni.Nel libro si racconta in maniera lucida, ironica e nostalgica
il mondo ormai scomparso dell’infanzia e adolescenza
dell’autore, uno spazio mitico, culla di dolci ricordi
personali, a prescindere dal sistema. In realt`a, il
documento testimonia il dramma di tutti coloro che all’improvviso
si sono trovati senza la propria patria, privati
della loro consueta identit`a, disgregatasi insieme all’ex
Unione sovietica. Ma la nostalgia del libro nasconde
qualcosa che trascende l’ideologia politica e si colloca
su un piano strettamente personale. Lo stesso autore
confessa infatti con velata amarezza:
A volte vorrei prendere un biglietto per l’Urss. Tuttavia,
quando capita, devo ricordarmi che una cosa del genere
non `e pi `u in vendita. Nessun treno, nessun aereo e nessuna
strada portano ormai inUrss, per il semplicemotivo che
l’Unione sovietica non esiste pi `u. Il solomodo di visitare il
mio paese `e legato alla memoria.Il libro si presenta come un puzzle i cui pezzi sono intercambiabili
e tutti necessari per potersi addentrare nell’universo
dell’homo sovieticus, il che offre la possibilit`a
di poter comunque iniziare a leggere il libro dal capitolo
il cui titolo stuzzichi e incuriosisca maggiormente. E
infatti, i titoli sono molto suggestivi, dicendo quel tanto
o quel poco che serve per catturare la curiosit`a del lettore.
In questo modo Ernu fa da una parte il verso a opere
saggistiche rumene aventi come denominatore comune
il passato comunista, dall’altra se ne distanzia evitando
di puntare il dito contro quel passato. Cos`ı facendo,
l’attitudine di Ernu risulta anche pi `u giocosa, pi `u leggera
e permette una lettura pi `u rilassata. Si veda ad esempio
il capitolo Ode alla tualet sovietica, dedicato a Il´ja
Kabakov, qui tradotto in forma integrale:
Non esiste niente di pi `u intimo nella vita del cittadino sovietico
della tualet (consentitemi, per l’immenso rispetto
che ho nei confronti di questo luogo e di questa parola, di
mantenere la formula sovietica: tualet). Essa `e, forse, la parola
pi `u intima conosciuta dal cittadino sovietico. Tualet `e
il luogo dove tu e solo tu risolvi i problemi che nessun altro
pu`o risolvere al posto tuo. Nessuno, n´e tuo padre, n´e
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tua madre, neanche tua moglie o il tuo migliore amico e
neppure il Primo segretario, pu`o sostituirti nella visita obbligatoria
che devi fare alla tualet. L’esperienza che hai con
questo luogo timarchia a vita, la tua intera persona rimane
in un rapporto intimo con questo luogo e con l’esperienza
in questo luogo. L’esperienza che ciascuno di noi ha avuto
con questo luogo `e diventata parte della nostra natura
collettiva. L’esperienza della tualet sovietica `e un bene collettivo
che abbiamo conquistato e che `e divenuto una delle
caratteristiche essenziali del nostro spirito.
Non so con esattezza quale sia l’esperienza di un cittadino
di un paese capitalista occidentale, tuttavia, quando sono
arrivato per la prima volta in un paese dell’ovest, la prima
cosa che mi ha destato un certo grado di sconforto sono
stati i wc. Non mi hanno infastidito per la loro sporcizia,
poich´e, paragonati alla tualet sovietica, essi sono veri paradisi,
e neanche per ci`o che riguarda il rispetto dell’intimit`a,
poich´e la maggior parte hanno s´epar´e che ti proteggono
dagli occhi del vicino, quanto per la loro incapacit`a di farti
sentire in intimit`a. Per il cittadino sovietico ci`o `e inaccettabile.
La tualet `e l’intimit`a collettiva alla massima purezza.
Il cittadino sovietico si costipa in un boudoire capitalista,
per il semplice motivo che questo spazio non si trova in
un rapporto di intimit`a con lui. Per tale causa, non esistono
ricordi legati ai wc occidentali. E laddove non esistono,
ricordi, non esiste nemmeno intimit`a.
Ma cosa rende speciale questo luogo dannato? Ebbene,
cercher`o di dirvi qualcosa, cose che di solito non si dicono,
e che ciascuno tiene per s´e. `E difficile raccontare i ricordi
pi `u intimi. Queste cose sono conservate per ricordare e goderne.
Pochi sono coloro che le raccontano e ancorameno
sono coloro che possono raccontarle. Ma proviamoci.
In primo luogo, voglio dirvi che esistono due tipi fondamentali
ditualet sovietica, che ogni cittadino sovietico o
ama od odia. Tuttavia, indifferentemente dal sentimento
che provi, ti relazioni con essa come se fosse parte di te
stesso. La prima tualet `e quella della kommunalka. L`ı la
incontri per la prima volta e l`ı sperimenti i primi momenti
del rapporto intimo con questo tipo di spazio. La tualet
della kommunalka `e un luogo comune, che appartiene a
tutti gli inquilini della casa. Di conseguenza, esso `e il luogo
dell’intimit`a di pi `u persone, e non solo della tua famiglia.
Qui viene anche tetja Klava e dedja Valodija, anche la bella
Marusija, e quell’antipatico di Lenija, cos`ı come anche gli
altri 20 inquilini della casa. Questo luogo sopporta, rispetta
e serve in ugual misura ciascuno di noi. La tualet non
fa discriminazioni. Tu puoi sbagliare nei suoi confronti, lei
non pu`o mai sbagliare nei tuoi.
Andare alla tualet `e una vera arte, e quella della kommunalka
presuppone una vera e propria iniziazione. Diventi
una sorta di stalker, la guida spirituale della tua stessa persona.
Quando vai l`a, devi sapere che, per quanto tu possa
essere solo, gli inquilini ti seguono. Ce n’`e almeno uno che
ti segue e commenta: “Questo qui ci sta di nuovo mezz’ora”,
“Di nuovo legge romanzi o chiss`a che diavolo si mette
a fare”. In verit`a, quando vai alla tualet, se rispetti questo
luogo, devi avere con te due cose. Un libro e la carta igienica.
La carta igienica `e un oggetto che non troverai mai
in unatualet. Questo oggetto si tiene al posto d’onore nella
propria camera. E si utilizza economicos. Ma non dovete
pensare che, se vi siete dimenticati la carta igienica, vi
possiate trovare in una situazione imbarazzante. No. L`a
troverete, in un angolo, o la Pravda dell’anno scorso, il che
ti risolve automaticamente anche il problema della lettura,
o un mucchio di ritagli di giornale, rifiniti per benino con
la forbice, dalla Komsomolskaja Pravda. Di questo se ne
occupa tetja Klava1.Una parte della critica romena non ha per`o accolto
con totale favore questo libro, intriso, secondo alcuni, di
nostalgie verso unmondo “terribile”: quasi si trattasse di
un’apologia del mondo sovietico contrapposto al mondo
capitalista. Proprio per questo affetto, spesso ostentato
(a volte con ironia, a volte con polemica) le reazioni
di una parte della critica sono state aspre, dirette
contro quelle che sono sembrate le farneticazioni di un
filocomunista, insensibile alle sofferenze altrui.
A tal proposito, Sorin Antohi, autore della postfazione
al libro dal titolo Nostalgii sovietice [Nostalgie sovietiche],
analizza il fenomeno dei “nostalgici” del vecchio sistema
di vari paesi dell’Est Europa, quello che i media hanno
definito Ostalgie, rievocando memorie personali, ovvero
i propri incontri con persone degli ex paesi comunisti.
A parte la solidariet`a fra questi superstiti di un’apocalisse
politica e sociale che, se capita di incontrarsi, si ritrovano
magari a parlare in russo davanti a un bicchiere, si
manifestano anche diversi motivi e modalit`a di nostalgia:
i russi hanno una “nostalgia imperiale”, gli ucraini
mescolano nazionalismo “filo-occidentale” a una nostalgia
che non si riferisce comunque al sistema sovietico;
essa `e piuttosto una pseudomnesia, cio`e la rievocazione
di un’Arcadia idealizzata, di un passato mai vissuto e riscoperto dopo decenni di forzato oblio collettivo (come
nel caso dell’antica toponomastica romena: Cern˘au¸ti e
Liov ad esempio), i cittadini della ex Germania est (che
si confessano pi `u tristi dei romeni, poich´e l’onomastica
della loro patria era ridotta a una sigla) manifestano una
nostalgia svuotata dell’oggetto.
In questo quadro di diverse “nostalgie”, il libro di Ernu
`e – sottolinea Antohi – “una versionemolto speciale della
nostalgia di un bessarabo per l’Urss, in cui domina lo humour nero: “Peccato che questi capitalisti siano riusciti
a produrre una tale quantit`a di merce che supera (sic) la
nostra capacit`a di costruire code”21 V. Ernu, N˘ascut ˆın URSS, Ia¸si 2004, pp. 164-166 (traduzione
dal romeno diMaria Luisa Lombardo).
2 S. Antohi, Nostalgii sovietice, in V. ERNU, N˘ascut ˆın URSS, Ia¸si 2004, p. 245.Dialogo con Vasile Ernu, a cura diM.L. Lombardo 393
Dopo aver ricevuto svariati premi e riconoscimenti in
Romania, recentemente il libro `e stato pubblicato anche
in Russia dalla casa editrice AdMarginem, nella traduzione
di Oleg Panfil. Il 28 novembre 2007 `e stato presentato
a Mosca nell’ambito della fiera del libro (28 novembre –
2 dicembre 2007), insieme a una tavola rotonda sul tema
Homo postsovieticus: Attualizzazione dell’esperienza sovietica, cui hanno partecipato i critici letterari ViktorMiziano e Lev Danilkin, il critico d’arte Ekaterina Degot, gli scrittori Alexandr Prochanov, A. Zamostjanov e Michail Elizarov, redattore della rivistaMoscow Art.Maria Luisa Lombardo Le sembra corretto dire
di lei che `e uno scrittore romeno nato in Unione
sovietica?
Vasile Ernu Si pu`o dire anche cos`ı. Io sono nato
e cresciuto in Urss. Sono stato e sono bilingue,
ma ho scritto i primi testi in lingua romena.
Mi sono assunto la responsabilit`a di questa
cosa. A volte ci`o mi imbarazza, a volte mi dispiace
di non poter dire in romeno quello che
potrei dire in russo. Tuttavia, se dovessi scrivere
in russo credo che proverei lo stesso sentimento.
La lingua `e un mondo affascinante, con le
sue regole e i suoi limiti. `E affascinante poter
sognare in due lingue, peccato siano solo due.
M.L.L. `E chiaro dall’introduzione delle prime
pagine che si tratta di un libro di memorie che,
attraverso il recupero memorialistico, tratta di
temi sociali, politici e culturali, delle usanze
dell’homo sovieticus e cos`ı via. Se volessimo
inquadrare il suo libro in un genere letterario,
quale potrebbe essere?
V.E. Io ho battezzato ci`o che faccio “genere eretico”
(termine che ho preso in prestito), cio`e
una mescolanza di pi `u stili. Vi si trova anche
una sorta di narrazione prossima al generememorialistico,
c’`e anche il genere documentario
e anche il saggio. Quel che ho cercato di fare,
indipendentemente dal genere, `e stato mantenere
un certo tono, un certo timbro. Il libro `e
formato da pi `u pezzi, sul modello di un puzzle,
e anche lo stile `e frammentario. Nonostante
ci`o, persino nemici dichiarati hanno riconosciuto
che il mio libro si legge tutto d’un fiato.
Questo non significa che sia necessariamente
di qualit`a. A me tuttavia piacciono i libri che
si leggono facilmente, tutto d’un fiato.
M.L.L. Pu`o introdurci un po’ nel suo libro,
raccontandoci del mondo messo in luce dalla
memoria, dei temi sociali e culturali affrontati?
V.E. Io provo a raccontare un mondo, un mondo
scomparso. E in questo percorso procedo
da una tesi semplice: indifferentemente dal sistema
in cui vivi, indifferentemente dall’ideologia,
dalla repressione, la cosa pi `u importante `e
la vita. Io provo a raccontare la vita, la vita comune,
quella di ogni giorno, la vita quotidiana
di un cittadino sovietico: come si veste, come
vive, cosa fa a scuola, come beve, che rapporto
ha con il sesso, che oggetti utilizza, che film
vede e che musica ascolta, come si diverte, chi
ama e chi odia, come sta in fila e di cosa conversa
in cucina. . . E tanti altri elementi che costituiscono
la nostra vita. Il tutto `e scritto con
una certa dose di tenerezza, quando `e necessario
nonmancano gli elementi nostalgici,ma c’`e
anchemolta ironia. Allo stesso tempo, io faccio
riferimento sempre anche al presente. Il libro
`e una sorta di sguardo dal presente verso il passato,
per questo non dimentico di ironizzare sul
mondo nuovo, sulle nuove ideologie, sui nuovi
clich´e.
M.L.L. Da dove nasce il desiderio o la necessit`a
di scrivere un libro dal titolo eloquente Nato in
Urss?
V.E. Negli ultimi anni mi `e venuto desiderio
della mia ex patria. Una patria che non esiste
pi `u se non nei ricordi e negli archivi. Ho deciso
che dovevo necessariamente scrivere questo libro.
Volevo che fosse un progetto collettivo,ma
non `e riuscito. Ho deciso di scriverlo da solo
e credo di aver fatto bene, almeno per quanto
mi riguarda. Sono soddisfatto, nonostante ogni
giorno mi vengano in mente cose che avrebbero
meritato maggiore riflessione. Ma io mi sono
assunto il rischio di questo carattere sogget394
eSamizdat 2008 (VI) 1 } Immagini }
tivo, personale e che non vuole essere a ogni
costo esaustivo. Il libro `e nato dal desiderio di
raccontare questa esperienza in primo luogo a
me stesso. Ho cercato di vedere qual `e il mio
rapporto con il passato e implicitamente con
il presente. Allo stesso tempo ho voluto testimoniare
questo rapporto. Il libro `e una sorta
di testimonianza di un mondo e di un modo di
essere.
M.L.L. Leggendo il suo libro mi sono ricordata
del film di Stephen Spielberg, The Terminal, con
Tom Hanks. Il protagonista a un certo punto
si ritrova prigioniero nell’aria neutra dell’aeroporto,
poich´e il suo paese politicamente non esiste
pi `u. Pensa che il cittadino dell’ex Unione sovietica
del suo libro possa essere paragonato, in
una certa misura, al personaggio di questo film,
con lo spazio neutro dell’aeroporto sostituito da
quello della memoria?
V.E. S`ı, ma solo se lo consideriamo in prospettiva
temporale e non spaziale. La nostra patria,
l’Unione sovietica, `e un concetto temporale,
non geografico, `e gi`a entrata negli archivi e
nella storia. Pu`o essere rivissuta solo con l’aiuto
dellamemoria.
M.L.L. Nato in Urss non `e solo un libro ma anche
un sito web (http: // www. nascutinurss.
ro ) in cui possiamo trovare reperti e feticci dell’ex
Unione sovietica. In quale misura lei pensa
che il sito completi il libro, o si tratta piuttosto
di due aspetti che possono essere vissuti inmodo
separato?
V.E. Il sito `e un prolungamento del libro. Io dico
che `e un’estensione del libro. Esso apporta
al testo una parte visuale e audio. Il libro e il sito
si completano reciprocamente ma possono
anche essere vissuti in modo separato. Anche
il sito rappresenta un archivio soggettivo della
civilt`a sovietica. Io provo a creare una sorta
di mondo virtuale dello spazio sovietico allo
scopo di renderlo familiare e di informare almeno
parzialmente. Non `e un archivio della
nostalgia, come alcuni hanno voluto insinuare.
M.L.L. Sul sito si trovano anche informazioni
sul libro e i dibattiti della stampa che sono seguiti
alla pubblicazione del volume. Navigando
sul sito, ho incontrato per esempio l’articolo
di ¸Stefan Agopian3, in cui si fa un’aspra critica
della nostalgia che ha idealizzato un mondo
evocatore di tristi ricordi per i rumeni. Come ha
reagito a un simile attacco?
V.E. Mi dispiace, ma per me il prendere in giro
e la b˘a¸sc˘alia [derisione sarcastica] non rappresentano
una critica. Non rispondo a simili approcci
per il semplicemotivo che non si basano
su argomenti,ma sumezzi argomenti, non fanno
riferimento a un discorso razionale,ma fanno
appello alle emozioni. Questo genere di ingiurie
vengono da posizioni di potere e di disuguaglianza
che non desiderano un dialogo ma
la distruzione dell’altro. Paradossalmente tuttavia,
il testo di Agopian, che `e un importante
scrittore,mi ha reso un grande servizio. Molti si
sono incuriositi in seguito ai suoi attacchi.
M.L.L. Mentre scriveva il libro, ha mai pensato
alle reazioni che avrebbe potuto destare in un
paese che ha sofferto un periodomolto tragico ai
tempi della dittatura di ispirazione sovietica?
V.E. S`ı, ci ho pensatomolto, tuttavia questa cosa
non ha cambiato le mie intenzioni. Io non
penso che la sofferenza sia la chiave di lettura
del comunismo.
M.L.L. Quali accuse addotte da alcuni critici
l’hanno infastidita maggiormente o considera
totalmente infondate?
V.E. Non posso arrabbiarmi con i miei critici.
L’esistenza di opinioni differenti, di reazioni
differenti `e del tutto naturale, poich´e siamo differenti,
abbiamo modi di interpretazione differenti,
abbiamo scuole di pensiero differenti
e cos`ı via. Evidentemente ho suscitato alcune
reazioni, ma esse sono solo state passeggere.
Credo che l’affermazione che reputo pi `u sbagliata
sia quella di Simona Sora, verso la qua-
3 Si veda il link del sito www.nascutinurss.com/presa_iul.
html#16 Dialogo con Vasile Ernu, a cura diM.L. Lombardo 395
le nutro comunque un grande rispetto. Lei sostiene
l’idea che sono “irresponsabile” e “ignorante”,
e avverte anche i potenziali lettori che il
mio testo pu`o rendere insani. Da dove proviene
una tale affermazione? Lei si basa sulla supposizione
che quando parli di comunismo devi
in primo luogo condannare, parlare dei crimini
comunisti e della sofferenza. Io penso che
la premessa degli anticomunisti postcomunisti
sia totalmente falsa. La tesi che il comunismo
sia il male principale, e che il suo opposto sia
il bene assoluto, `e una direzione sbagliata che
finisce per provocare solo un blocco all’interno
dello stesso paradigma. Ripeto: dal mio punto
di vista la sofferenza non `e la chiave di interpretazione
del comunismo. In primo luogo,
la sofferenza `e presente in tutti i sistemi, anche
in quelli di mercato ben strutturati. In secondo
luogo, nel mio libro non nascondo mai l’idea
che il sistema comunista sia stato un sistema
politico repressivo. Al contrario, ci`o viene
detto molto chiaramente. Tuttavia affermo che
anche il sistema capitalista `e una forma di repressione
anche se di tipo economico. So che
questo genere di affermazioni non sono ben accette
in Romania,ma iomi prendo la responsabilit`
a di ogni parola. E in terzo luogo, parlo dalla
prospettiva di un homo sovieticus e non mi
sono proposto lo scopo di risolvere tutti i problemi
del comunismo. `E un archivio soggettivo.
Allo stesso tempo credo che il mio percorso
sia molto pi `u efficiente nel mostrare l’essenza
del comunismo alla nuova generazione. A lungo
termine ha un effetto di dissoluzione del comunismo
pi `u potente che non le brutali grida
del genere: “abbasso il comunismo”. Cosa pu`o
esserci di pi `u sovversivo e rivelatore di Ode alla
tualet sovietica, dovemostro che lamia vita `e
stato un wc, ma dato che si tratta della mia vita,
la rispetto e la amo. Credo che accettare il
proprio passato sia un fatto di responsabilit`a e
di coraggio; ed `e questo che faccio; solo che lo
faccio in un modo differente rispetto al banale
approccio di condanna del comunismo. Come
direbbe il mio eroe preferito, Ostap Bender,
“Gi `u quelle sporche mani dal volto della mia
infanzia!”.
M.L.L. Per fortuna il suo libro non ha ricevuto
solo critiche negative ma anche elogi, e forse
`e stato analizzato anche in modo pi `u obiettivo.
Per esempio Daniel Cristea-Enache afferma:“
Nato in Urss si legge tutto d’un fiato e ha
un buon livello intellettuale. Abbondano le barzellette
geniali, Il´f e Petrov sono all’ordine del
giorno e, in generale, ogni strato della vita dell’Unione
sovietica `e scomposto in una miriade
di fatti e fatterelli con sottintesi, eccellentemente
narrati dall’autore debuttante. Al di l`a di questo
saporito sviluppo, esistono anche riflessioni
di grande profondit`a, per esempio l’analisi
del rapporto libert`a/interdizione dimostra l’acutezza
dell’analisi critica. Vasile Ernu si congeda
dal comunismo ridendo svogliatamente, ma
non nello stile pungente ben noto sulle rive del
fiume Dˆambovi¸ta. Non accusiamolo troppo se
guarda con grande attenzione e con una certa
emozione al passato”4 `E un parere totalmente
opposto a quello di Agopian. Che importanza
hanno per uno scrittore che ha appena debuttato
l’esistenza di reazioni della critica cos`ı
differenti?
V.E. S`ı, devo riconoscere che sono state scritte
molte cose buone e positive, e queste ultime
hanno prevalso. Se avessi pubblicato questo
libro cinque anni fa, credo che avrei ricevuto
un biglietto per Cuba o, chiss`a, per quale altro
paese comunista. Questo fatto dimostra che
in questo paese sono cambiate molte cose, e
l’estabilishment attuale, di stampo interbellico,
sta scomparendo. Ho avuto critiche eccellenti e
serie.
M.L.L. Marin Prueteanu scrive che “Nato in
Urss schizza il profilo di un comunismo assurdoma
visibile, politicamente infame,ma social-
4 D. Cristea Enache, “CCCP”, Ziarul de duminic˘a, 2006, 316,
http://www.zf.ro/index.php?runpath0=domain&runpath1=
supliments.
mente esuberante, repressivo ma con oasi di libert`
a informale in alcuni periodi, con crimini e
con successi. Ernu offre ai cittadini postcomunisti,
paragonabili ai cittadini di qualsiasi altro
posto, la possibilit`a di provare anche altri sentimenti
al posto di quelli temibili di colpa, di fallimento
irreversibile”5 Crede davvero anche lei
che il cittadino dell’ex Unione sovietica sia in
una certamisura afflitto da sensi di colpa e dalla
sensazione di fallimento?
V.E. Non necessariamente. Come dice Pruteanu,
io cerco dimostrare anche cose diverse dalla
colpa e dal fallimento, da tutto ci`o che in Romania
`e diventato parte costitutiva del discorso
anticomunista dopo la caduta del comunismo.
Io cerco di proporre un impegno, di rivalutare e
di utilizzare il passato allo scopo di costruire un
presente funzionale.
M.L.L. Secondo lei, come percepisce il suo libro
il pubblico dei giovani che non ha vissuto il
comunismo o l’epoca sovietica?
V.E. Io penso che il pubblico giovane sia quello
che legge ilmio libro senza problemi, perch´e
io non faccio discorsimoraleggianti, non voglio
dar lezioni. Io non spiego ci`o che `e bene e ci`o
che `e male, non vendo soluzioni e modelli, ma
do informazioni e contenuti. Il mio libro, nonostante
parli del passato, `e essenzialmente un
libro sul presente guardato dal passato. `E un
esercizio che penso piaccia ai giovani. E questo
sia per lo stile che per il tono, e anche per ilmodo,
molto vicino al loro, di affrontare il discorso.
`E
un libro per uno spirito libero e giovane,
dinamico, sano e privo di complessi.
M.L.L. Negli ultimi anni, in Romania, altri giovani
scrittori hanno sentito la sua stessa necessit`
a di evocare ilmondo della loro infanzia e della
loro adolescenza. Alcuni scrittori di Bucarest
e Costan¸ta, Paul Cernat, Ion Manolescu, Ioan
Stanomir, Angelo Mitchievici, hanno compilato
un volume di memorie dal titolo O lume di-
5M. Pruteanu, “Carte cu extensie”, http://www.nascutinurss.
ro/presa_iul.html#19.
sparut˘a [Un mondo scomparso] Nella prefazione,
gli scrittori, forse anticipando possibili reazioni
del pubblico, precisano: “Attraverso queste
sequenze autobiografiche legate alla nostra infanzia
e alla nostra adolescenza fino al 1989 non
abbiamo avuto lo scopo di giustificare il socialismo
e il comunismo. Non ci siamo proposti di
fare una requisitoria,ma solo di liberarci del peso
di un’epoca, rievocandola e guardando in faccia
il passato per capire meglio le metamorfosi
attuali”6. Anche lei ha voluto liberarsi del peso
del passato?
V.E. No, affatto. Per me il passato non `e un peso,
ma solo un grande guadagno. Bisogna saper
guardare al passato. Io dico che il passato deve
in primo luogo essere capito, poi occorre assumersene
la responsabilit`a e solo in un secondo
tempo va riconvertito, utilizzato con i suoi
lati positivi e negativi. Io non sono un adepto
di Cioran, io non ho avuto “l’inconveniente” di
nascere in Urss, ma “il conveniente” di nascerci.
Se sappiamo utilizzare il passato, compresi
i suoi elementi pi `u negativi, possiamo trarne
grandi vantaggi. Ma il mio passato sovietico
`e un’esperienza colossale che non pu`o essere
cancellata come se nulla fosse. Io provo
a raccontare questa esperienza. Alcuni mi fanno
saltare i nervi con questa storia del “peso del
passato”, o della “pesante eredit`a” e altre sciocchezze
del genere. Generazioni di intellettuali
discutono all’infinito questi problemi. Questo
fatto dice molto sull’incapacit`a dei romeni
di gestire il proprio passato e soprattutto della
loro incapacit`a di gestire il presente.
M.L.L. Che rapporto lega il suo libro ai libri che
ultimamente sono stati pubblicati in Romania e
che trattano del periodo comunista?
V.E. Ci sono molti tipi di libri che parlano del
passato comunista. C’`e lamemorialistica di coloro
che hanno sofferto e che condannano il
comunismo dalla posizione delle vittime. C’`e
6 P. Cernat, I. Manolescu, I. Stanomir, A. Mitchievici, O lume
disparut˘a, Bucarest 2004, p. 7.
Dialogo con Vasile Ernu, a cura diM.L. Lombardo 397
bisogno di questo tipo di libri. Esiste la memorialistica
di quelli pi `u giovani che guardano
con meno passione e sono un po’ pi `u distaccati.
Considerato che abbiamo vissuto esperienze
differenti, abbiamo anche risultati differenti.
Nonostante questo distacco, in tutti questi libri
(spero di non sbagliare) c’`e sempre un secondo
piano che lancia sempre unmonito: non dimenticate
che il comunismo `e un sistema malefico.
In Romania esiste una tradizione anticomunista,
ma il comunismo reale non `e stato
capito. Comprendo questo fatto e mi sembra
molto grave, ma io preferisco che il passato
venga compreso comunque esso sia stato. Io
mi confronto con i colleghi della mia generazione
in Romania, con i quali condivido diversi
elementi, con cui ho una certa vicinanza. Io
non lavoro con supposizioni. Per me i sistemi
non sono solo cattivi o solo buoni, o ancor meglio,
per me i sistemi politici vogliono catturarti
e trascinarti nelle loro macchinazioni. Nella
mia equazione conta la vita, e nei confronti del
sistema sono sempre in un rapporto di contraddizione;
per questo non c’`e bisogno che io sia
un anarchico.
M.L.L. Ha in progetto altri libri?
V.E. S`ı, lavoro a un libro sull’est, sulle mentalit`
a dell’est, le mentalit`a di transizione, gli eroi
di transizione. Non riesco ancora a immaginare
cosa ne verr`a fuori.
M.L.L. Come vede l’homo sovieticus l’entrata
della Romania e della Bulgaria nell’Unione
europea? Ci sar`a una sorta di effetto Goodbye
Lenin o si potr`a guardare al passato senza
rimpianti?
V.E. Io non guardo solo verso il passato, ma
anche verso un futuro senza rimpianti, ma lo
faccio con precauzione. L’Urss mi ha educato
e formato in maniera da poter sopravvivere a
qualsiasi sistema. Ho resistito bene al sistema
Urss e resister`o al sistema dell’Unione europea.
M.L.L. Un’ultima domanda. Il sottotitolo del libro,
Nato in Urss, `e in russo, ma lei ha voluto
scrivere il libro in romeno. Perch´e uno scrittore
nato in Urss e che scrive un libro su questo paese
e sa parlare e scrivere anche in russo, ha deciso
di farlo in un’altra lingua? Forse anche la lingua
appartiene a quelmondo che non esiste pi `u?
V.E. Il russo e il romeno sono lingue che mi
appartengono. D’altra parte abito in Romania
dal 1990, cos`ı che sono diventato uno scrittore
di lingua romena. Inoltre, il libro `e scritto
in primo luogo per un pubblico non sovietico,
che non ha avuto un’esperienza diretta con lo
spazio sovietico. Nonostante ci`o, il primo paese
in cui verr`a tradotto il mio libro `e la Russia,
che comunque `e qualcosa di ben diverso dall’Urss.
Le lingue durano pi `u dei sistemi politici
e ideologici.[Bucarest, 28 novembre 2006]
www.esamizdat.it.
6 April, 2008 in: Cronici
Comments Off on “Io non penso che la sofferenza sia la chiave di lettura del comunismo” – eSamizdat 2008 (VI) 1, pp. 391-395, 2008